Non solo qui
date » 19-04-2019 23:49
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Con la fotografia intrattengo anche un rapporto che passa dalla scrittura. Rapporto un po' irregolare, ma che mi interessa tenere vivo. Oltre a questo luogo scrivo anche su
Medium. C'è in cantiere anche un progetto, ora nelle sue fasi iniziali, di scrittura di un corpo più importante di testi. Che fine faranno non lo so ancora, potrebbe essere un libro così come un sito con diversi capitoli. Vedremo. Come si suol dire state sintonizzati.
Un'origine
date » 16-02-2018 17:59
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È la prima foto, forse. Se non la prima è tra le prime. Ricordo molto bene la situazione, ma non con quale macchina fotografica l’ho fatta, sicuramente una macchina non reflex a ottica fissa. Avevo 15 anni e per ancora un paio d’anni non avrei posseduto una reflex. (la prima fu una Olympus OM1 che uso ancora). Trovo che sia una fotografia legata in modo particolare a come fotografo oggi. E ho trovato in questa fotografia qualcosa di originale, nel senso di un’origine, intesa come una delle possibili, di un modo di fotografare.
Nella 2a fotografia sono con mia madre, a due anni. Torino. Ci sono due aspetti che mi rendono questa fotografia particolarmente preziosa. La prima è che dopo 19 anni, da Cremona sarei venuto ad abitare a Torino, la seconda è che racconta di mia madre e di un assenza, quella di mio padre. In questa foto stava scattando e nello stesso anno si sarebbe ammalato iniziando un’inevitabile perdita della sua presenza. Talvolta la fotografia racchiude un’essenza, un’origine. Possibile. Siamo noi a leggerne il significato e nella fotografia convergono gli elementi per iniziare a costruirlo. Troviamo a distanza di anni i percorsi di senso, guardiamo e riguardiamo le fotografie, ma credo che ci sia una densità in alcune di queste che in certi frangenti della nostra vita emerge con forza, e ci permette di dare un significato.
Demetrio Stratos
date » 07-01-2018 13:58
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Cremona, 1978. C’è Demetrio in concerto, il nostro Demetrio, quello degli Area, ma è solo lui insieme a Lucio Violino Fabbri. E ho una macchina fotografica, la prima “seria”, una Olympus OM1. Due grandi passioni che come spesso accade si intercettano, ma la serata è particolare, perché Stratos è particolare. E poi il repertorio. Musiche di Cage e altri scritte per lui. È la prima volta che fotografo un concerto serio e l’emozione c’è, si fa sentire. La fotografia scalpita ma è ancora giovane. Dopo il concerto decidiamo di andare dietro il palco per conoscerlo. Conoscere Stratos. E nella sua semplicità accetta di parlare con questi due ragazzotti, che suonano, fotografano, che hanno capito poco del concerto, ma entusiasti di quelle sonorità e incantati dalle sue parole. Chiare e dirette; l’ascolto della musica è di tutte le musiche e la tecnica è soprattutto allenamento, serio e rigoroso. Poi, come se fossimo tra vecchi amici prende lo spartito, lo apre e ci da di gomito facendoci vedere la firma con dedica di John Cage alla fine della partitura. E per un attimo siamo in un altro mondo. È un piccolo contributo ad un grande musicista.
Per me, la fotografia
date » 07-01-2018 13:43
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“Fotografare intorno ad un fatto, a persone che si raccontano con le loro azioni. Con il desiderio di costruire un rapporto tra le cose, con le cose. Forse la fotografia nasce dalla pancia, vive nella testa e si manifesta agli occhi. Spesso violenta le persone, non c’è dubbio. Talvolta con la loro disponibilità. Trasforma gli oggetti, il paesaggio senza chiedere il permesso. Prima o poi un signore chiederà spiegazione.
La fotografia racconta di qualcosa, di qualcuno, di sé come apparato, al punto che alcune foto, diciamolo, si scattano da sole. Ma con una grande cortesia verso il fotografo.
Fotografare per me è come trovare un luogo dove sospendere il tempo e provare a scoprire, nel senso di scoperchiare. Può durare un attimo o non finire mai.”
In questo spazioweb ci sono due cose che mi piacerebbe fare. Presentare il mio lavoro fotografico, sia quando si crede compiuto sia nei suoi risvolti non definiti e presentare il lavoro culturale sulla fotografia, che si esprime in modi diversi. E provare a dire qualcosa su questo straordinario macchinario, luogo della tecnica, dell’immaginario e di un desiderio.
Mi piacerebbe infine che fosse uno contributo, tra i tanti, alla costruzione di un sistema di idee e pensiero sulla fotografia. Credo che soprattutto per ragioni civili, sia un momento nel quale è necessario costruire.
Martin Chamby
Cuzco, piazza centrale, sono ancora un po stordito dall’arrivo a 3300 mt, ma siamo comunque nel mezzo di una festa popolare (pare che in Perù ci siano decine e decine di occasioni per fare festa…). Vedo diversi fotografi che scattano nel mezzo della processione. Molti di loro hanno in mano le vecchie Olympus Pen f, e si muovono sicuri nella calca della situazione. Fantastico sulla possibilità che siano parte di TAFOS – Taller de Fotografia Social del Cusco – il gruppo di fotografi sociali operativo in quelle zone, le informazioni che ho fanno risalire la loro attività sino alla seconda metà degli anni 90. Il loro lavoro si é caratterizzato per un particolare impegno sociale e civile “The motives people in the village have for wanting photographs are personal, but cameras have the potential to allow campesinos to represent their thoughts and experiences to a wider world. Los Talleres de Fotografía Social (TAFOS) puts cameras directly into the hands of campesinos and residents of the pueblos jovenes and provides the technical assistance and forum needed to present their work. TAFOS not only facilitates the expression of indigenous ways of seeing, communities who have received cameras have been able to use them to support land claims and document human rights abuses…“. La storia della fotografia in Perù è quantomeno interessante soprattutto per l’attenzione alle culture locali e per la presenza di Martin Chambi, (1881-1973) il primo fotografo andino riconosciuto sul piano internazionale, anche grazie all’interessamento di Irving Penn. Dalla ricognizione fotografica di Machu Picchu, al paesaggio, alla ritrattistica della nascente borgesia di Cuzco e delle genti contadine e indigene, colte sempre con la capacità di restituire la dignità della loro identità culturale.
Ed è in questa piazza, in mezzo alla festa, agli scassati tromboni della banda musicale e al mio ondivago mal di testa che mi imbatto in un piccolo uomo con al collo una macchina di almeno 50 anni fa (non riesco a riconoscerla) sormontata da un flash che sembra poco più di un giocattolo. Ci squadriamo, lui guarda la mia macchina e io la sua. Un gringo interessato al suo attrezzo da lavoro. Gli chiedo, stentatamente, se fa il fotografo e lui mi risponde “Soy un fotógrafo independiente“. Fiero di averlo detto e di essere riconosciuto. Ha accettato di farsi fotografare e mi ha colpito l’uso dello sguardo, volutamente direzionato fuori dall’inquadratura, differente dallo sguardo in macchina a cui siamo abituati oggi nelle pose. In quel viaggio ho poi ritrovato questa fierezza, nelle foto di Martin Chambi (consultate al centro di documentazione Bartolomeo de Las Casas di Cuzco. Le sue foto sono presenti anche in altre biblioteche della città.). Una fierezza di cui forse abbiamo perso il senso, sostituito con altri significati identitari. Ritrovarla in una persona è un’esperienza da conservare.